venerdì 13 giugno 2008

Visite

Così mio fratello trascorreva il suo soggiorno obbligato in carcere e io fuori continuavo a vivere una vita per lo più normale: ormai avevo fatto l'abitudine agli sguardi delle persone e ai commenti. La mattina uscivo presto, portavo a spasso il barboncino della zia e facevo la spesa, poi tornavo a casa per una rapida doccia e volavo a scuola. Due, tre volte a settimana andavo a trovare mio fratello. Io gli parlavo della vita fuori e lui della vita dentro. Nessuno dei due si lamentava. Mentre io gli raccontavo di Carla, la biondina vicina di casa, lui raccontava di aver conosciuto un tipo, un vicino di cella, un assassino vero, allora io smettevo di parlare di me per raccomandargli di stare attento esponendogli le mie preoccupazioni su certe "amicizie" e lui mi rispondeva "Piuttosto stai attento tu, ricordi quello che diceva sempre papà?". Alla rievocazione di quel fantasma calavano almeno 2 minuti di silenzio. Poi si riprendeva a parlare ma con discorsi di circostanza: il tempo, il nuovo taglio di capelli e simili. Quando andavo via Fred mi ricordava sempre di salutare la zia e io di stare attento. Ogni volta che lo andavo a trovare la visita si svolgeva così: due, tre volte a settimana io raccontavo i progressi che facevo nella scalata al cuore di Carla e lui delle sue nuove amicizie.
Uscito dal carcere la luce mi sembrava sempre strana.
Uscito dal carcere l'impressione era che Fred non stesse poi così male rinchiuso lì dentro con tutti quei veri criminali. Lui non era un vero criminale del resto lui non poteva sapere che quella fosse una pistola finta. Eppure il fatto di vederlo "bene" in quella divisa e fra quelle mura carcerarie mi preoccupava. Tornato a casa nascondevo la mia preoccupazione e quando mia zia domandava di Fred la rassicuravo con poche parole e andavo nella mia stanza.
Ogni giorno procedeva tranquillo. Oltre alle mie visite mio fratello riceveva mensilmente la visita di Sara. Né io né Fred capimmo mai per quale motivo almeno una volta al mese trascinasse la sua bellezza in quel carcere : qualche volta incontrandola vedevo nei suoi occhi lo sforzo che quel gesto le procurava e i discorsi tra lei e Fred erano per lo più silenzi, alla fine del tempo lei richiamava l'attenzione di una guardia per fare ispezionare una torta fatta con le sue mani per mio fratello, lui ringraziava e la salutava e lei andava via. Inizialmente Fred uscito dalla grande sala adibita per le visite gettava il dolce nel primo secchio dietro la porta blindata ma dopo i primi mesi aveva capito che poteva usarla per compiacere qualche "amico".
Un lunedì aspettavo l'apertura dei cancelli per l'ingresso delle visite, era luglio e faceva caldo, l'orario d'ingresso era passato da tre minuti e io maledivo il sole e la porta chiusa. Ogni minuto staccavo lo sguardo dalla porta almeno un paio di volte per vedere l'ora. Chiesi anche intorno che ora fosse temendo che il mio orologio segnasse l'ora sbagliata. Poi la porta s'aprì ma invece di permetterci d'entrare venne fuori un secondino: per motivi di sicurezza quel giorno le visite erano state sospese. Tornai a casa senza troppe preoccupazioni. La sera a cena la Tv riportava la notizia che un detenuto era stato ucciso durante l'apertura delle celle per l'orario delle visite. La notizia preoccupò un poco mia zia e molto meno me. Il telegiornale andava avanti e io rassicuravo mia zia ma quando il giornalista annunciò di avere un aggiornamento sull'omicidio nel carcere tornammo in silenzio. Il tipo in piedi con un foglio in mano lesse "Da indiscrezioni filtrate sembra che il detenuto ucciso quest'oggi fosse nella cella 168". Diventai nero in volto. Era la cella di mio fratello. Era la cella di Fred. Mia zia non lo sapeva. Io non glielo dissi. Terminai la cena. A fatica mi arrampicai per le scale e quasi morto mi gettai sul letto.

(da accompagnarsi con "Sole Silenzioso" - Album Amorematico - Subsonica)

Nessun commento: