Sono sempre stato un ventralista, anche con l'avvento della Fosbury. Sono sempre stato ventralista come fosse una religione, forse per formazione e non hai mai pensato di diventare un fosburysta. Poi mi viene un dubbio, ma lo scaccio via e lo nascondo da qualche parte. Poi vedo qualche fosburysta saltare alto. Il dubbio c'è sempre ma è nascosto. Allenamento. Allenamento. Allenamento. Salto! anche io salto quanto loro; neanche il tempo di gioire della nuova misura che mi giro e loro senza fatica ancora più in alto. Il dubbio batte forte per uscire da dove l'ho imprigionato: eccolo! si slega! esce fuori, mi corre incontro. Un pugno al volto ed uno allo stomaco; cado a terra e in quella posizione bloccato dal dolore il dubbio cerca di indottrinarmi. Rimango sdraiato a terra.
Il giorno dopo tento un salto dorsale. Corro la traiettoria curva, stacco, rotazione: l'asticella non c'è più, sguardo verso il cielo, non penso a nulla, atterraggio soffice. Asticella superata. Primo tentativo. Grande misura. Fine allenamento.
Il giorno seguente ancora un salto fosbury. Corsa, impulso e stacco da terra e poi niente più terra, solo cielo infinito. Altra grande misura. Fine allenamento. Sconforto: ho sprecato il mio tempo. Mi chiudo nella convinzione di aver sperperato energie: avrei potuto fare di meglio e prima.
Faccio un giro sulla spiaggia cercando di fare i conti con la mia contrizione.
Altri giorni, pochi allenamenti e sono anche io un maledetto leggero fottuto fosburysta. Pensando ciò vengo colto da nausea, senso di vomito e poi vomito. Continuo a rigurgitare riflettendo sul sorprendente fenomeno del vomito: mangi qualcosa convinto che scendendo non torni più su, poi per qualche motivo, che siano odori, pensieri o chissà cosa, ricompare tutto di nuovo e se prima nel mandare giù avevi avuto piacere e provato gusto ora il risultato è opposto.
Cerco di riprendermi.
Torno a saltare. Non c'è nessuno che si allena e così, come per irridere allo sciocco ventralista che ero, tento un salto nel vecchio stile. Rincorsa più rettilinea, spinta sulle gambe e vedo il suolo da un'altra prospettiva, mi vedo girare sopra l'asticella e la vedo cadere insieme a me. Ritento, questa volta con meno scherno per me stesso e mentre sono in aria vedo il punto da dove sono partito, vedo l'asticella, vedo il resto del campo di allenamento e mi vedo cadere. L'asticella nel suo elastico traballare è indecisa se rimanere su o cadere. Senza che io ne sappia il motivo rimane lì.
Torno ventralista. Torno ad essere quello che ero. Non si può essere quello che non si è. Mi piace guardare le cose sotto un altro punto di vista, affrontare l'asticella e guardarla da ogni angolatura, conoscere le cose che ho intorno nella loro interezza. Non mi piace osservare l'infinito del cielo: senza punti di riferimento quasi non ti accorgi di cadere se non fosse per l'impatto; non mi piace lasciarmi l'asta alle spalle, preferisco affrontarla muso a muso.
Mi alleno e salto. Ventrale ovviamente. Maledetti leggeri fottuti fosburysti.
(da accompagnarsi con "Ventrale" - Album: Bachelite - Offlaga Disco Pax)
Nessun commento:
Posta un commento