giovedì 17 luglio 2008

Incubi e delitti


Continuo sempre ad avere lo stesso incubo:
grido "Ti amo" in una stanza fatta di pietre che sembrano poggiate una sull'altra così a caso e altrettanto casualmente sembrano tenere su le mura di quello che appare come una cantina. Grido "Ti amo" tra muffa, umidità e topi troppo cresciuti che dagli angoli della stanza guardano la scena dal basso e si rizzano sulle zampe posteriori per cercare di vedere il mio volto, per vedere chi c'è sdraiato su quell'asse di legno, legato mani e piedi da quel grido.
Di giorno penso: "Settanta metri al secondo è la velocità massima che può raggiungere un corpo in caduta libera nella nostra atmosfera…un chicco di grandine, una desueta bomba a gravità, un paracadutista sfortunato o un suicida che si getta dalla Tour Eiffel, poi l'aria lo frena e gli impedisce di essere più rapido. Questa è la velocità a cui dovrei viaggiare".
E di notte nel sogno vedo avvicinarsi il boia: un essere che di poco supera il metro d'altezza ma con braccia, gambe, piedi e mani normalmente sviluppati. Questo s'avvicina e dal cappuccio nero, oltre a filtrare la sua voce profonda come un pozzo, riesco ad intuire un riso sadico.
In un angolo c'è una radio accesa: sembra messa lì a sfidare l'umidità della cantina.

"Il mondo non è perfetto. In un mondo perfetto Mark Chapman avrebbe ucciso Yoko Ono."

e io rido nonostante non possa permettermelo. E il nano a metà, testa di cazzo incappucciato di nero a preservare la sua identità, prepara un vassoio con vari attrezzi lucenti. La mia mente prende una strada di razionalità: se questo tipo non vuole farsi vedere in volto probabilmente non mi ucciderà...
Più che razionalità è speranza.

"E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta...Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili..."

Continua la radio. E io rido di nuovo. Il mezzo boia si accorge della mia risata e ne rimane stupito, allora alza un piccolo bisturi che riflette la luce dell'unica lampadina della stanza, appesa al soffitto come io sono appeso alla vita. Guarda la lama e pone delicatamente la mano libera sulla mia fronte, delicatezza che mi sorprende. La sorpresa dura ben poco perché appena il bisturi accenna a scendere verso di me la mano immobilizza la mia testa: il bisturi freddo e impersonale taglia gli angoli della mia bocca e li sposta a metà della guancia. Dolore del taglio, dolore nell'allargare la bocca per urlare. Rischio di soffocare nel mio stesso sangue ma premuroso il bastardo aspira tutto il rosso e mi fa "Visto che ti piace ridere ti ho allargato il sorriso"
E io rido. Alle sue parole rido. E soffro.
E la radio complice del nano sadico:

"E' vero che il vino è nemico dell'uomo, ma è anche vero che chi fugge davanti al nemico è un vigliacco."

E rido.
Offeso dal mio comportamento con abile mano e alzandosi sulle punte dei piedi, il boia divide verticalmente le mie labbra. Poi va alla radio e alza il volume.

"Tra due mali scelgo sempre quella piu' giovane e carina."

Cerco di non ridere: il dolore è troppo. Ma quella frase inizia a rimbalzarmi in testa "questa sì che è bella!" e rido di nuovo e mi maledico.
Forse la tortura non sta nei colpi del bisturi ma nel vietarmi di ridere, divieto imposto dal dolore ma violato dalla mia mente che gioca con quelle frasi e se le ripete fino ad impormi il sorriso.
E ora sorrido con 2 bocche.
D'improvviso si sente un suono di sirena e la parete dalla parte dei miei piedi s'apre in due come la mia bocca e appare una schiera di denti, spettatori seduti su gengive che non sono altro che poltrone rosse.
Spettacolo perverso uguale spettatori perversi.
E penso ad alcuni programmi televisivi: programmi di merda uguale persone di merda.

"Guadagnavo 50 dollari la settimana. Un terzo lo spendevo per bere e un altro per andare a donne. Il resto lo spendevo in modo stupido"

Rido a quattro labbra e con 2 bocche ma cerco di frenarmi e il pubblico ride vedendo che il dolore mi blocca.
Loro ridono e mi scatenano conati di risa che non posso trattenere: li derido perché deridono me, e soprattutto la mia situazione.
Rido e mi si spalanca la bocca e i tagli corrono verso le orecchie: una sorta di poesia del sorriso.
Rido come spesso ho chiesto di ridere ad altri: "ridi fino a farti arrivare la bocca ai lobi delle orecchie"
Rido e fa male.
Malissimo.
E il sangue si raggruma e intasa quel lavandino malconcio che è la mia gola.
Con gli ultimi fiati penso e canticchio muto.

"sarà che forse sono daltonico, ma devo dire che questo cielo, invece di essere sempre più blu, a me sembra sempre più nero sarà che le ragazze con cui esco hanno tutte i mostri sotto il letto, le ragazze con cui esco hanno sempre un incubo nel cassetto"

poi svengo.

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