domenica 20 luglio 2008

Uri Geller - Virginiana Miller - Fuochi Fatui d'Artificio

Qualcuno si ricorda di Uri Geller
la mente che piegava i cucchiaini
che poi non ci giravi più il caffè
e ne restava l’amarezza in cuore.
C’ho provato anch’io ma tante tante volte
a concentrare tutta l’energia, alzarmi in piedi e andare via.
Ma forse ti ricordi di quel tale, lo sguardo che fermava gli orologi
e adesso è tutto tempo che mi avanza
col fiato corto su per le scale.
C’ho provato anch’io ma tante tante volte
a concentrare tutta l’energia, alzarmi in piedi e andare via
c’ho provato anch’io ma tante tante volte
a chiuderti le porte col pensiero e dirti addio, davvero.

giovedì 17 luglio 2008

Incubi e delitti


Continuo sempre ad avere lo stesso incubo:
grido "Ti amo" in una stanza fatta di pietre che sembrano poggiate una sull'altra così a caso e altrettanto casualmente sembrano tenere su le mura di quello che appare come una cantina. Grido "Ti amo" tra muffa, umidità e topi troppo cresciuti che dagli angoli della stanza guardano la scena dal basso e si rizzano sulle zampe posteriori per cercare di vedere il mio volto, per vedere chi c'è sdraiato su quell'asse di legno, legato mani e piedi da quel grido.
Di giorno penso: "Settanta metri al secondo è la velocità massima che può raggiungere un corpo in caduta libera nella nostra atmosfera…un chicco di grandine, una desueta bomba a gravità, un paracadutista sfortunato o un suicida che si getta dalla Tour Eiffel, poi l'aria lo frena e gli impedisce di essere più rapido. Questa è la velocità a cui dovrei viaggiare".
E di notte nel sogno vedo avvicinarsi il boia: un essere che di poco supera il metro d'altezza ma con braccia, gambe, piedi e mani normalmente sviluppati. Questo s'avvicina e dal cappuccio nero, oltre a filtrare la sua voce profonda come un pozzo, riesco ad intuire un riso sadico.
In un angolo c'è una radio accesa: sembra messa lì a sfidare l'umidità della cantina.

"Il mondo non è perfetto. In un mondo perfetto Mark Chapman avrebbe ucciso Yoko Ono."

e io rido nonostante non possa permettermelo. E il nano a metà, testa di cazzo incappucciato di nero a preservare la sua identità, prepara un vassoio con vari attrezzi lucenti. La mia mente prende una strada di razionalità: se questo tipo non vuole farsi vedere in volto probabilmente non mi ucciderà...
Più che razionalità è speranza.

"E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta...Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili..."

Continua la radio. E io rido di nuovo. Il mezzo boia si accorge della mia risata e ne rimane stupito, allora alza un piccolo bisturi che riflette la luce dell'unica lampadina della stanza, appesa al soffitto come io sono appeso alla vita. Guarda la lama e pone delicatamente la mano libera sulla mia fronte, delicatezza che mi sorprende. La sorpresa dura ben poco perché appena il bisturi accenna a scendere verso di me la mano immobilizza la mia testa: il bisturi freddo e impersonale taglia gli angoli della mia bocca e li sposta a metà della guancia. Dolore del taglio, dolore nell'allargare la bocca per urlare. Rischio di soffocare nel mio stesso sangue ma premuroso il bastardo aspira tutto il rosso e mi fa "Visto che ti piace ridere ti ho allargato il sorriso"
E io rido. Alle sue parole rido. E soffro.
E la radio complice del nano sadico:

"E' vero che il vino è nemico dell'uomo, ma è anche vero che chi fugge davanti al nemico è un vigliacco."

E rido.
Offeso dal mio comportamento con abile mano e alzandosi sulle punte dei piedi, il boia divide verticalmente le mie labbra. Poi va alla radio e alza il volume.

"Tra due mali scelgo sempre quella piu' giovane e carina."

Cerco di non ridere: il dolore è troppo. Ma quella frase inizia a rimbalzarmi in testa "questa sì che è bella!" e rido di nuovo e mi maledico.
Forse la tortura non sta nei colpi del bisturi ma nel vietarmi di ridere, divieto imposto dal dolore ma violato dalla mia mente che gioca con quelle frasi e se le ripete fino ad impormi il sorriso.
E ora sorrido con 2 bocche.
D'improvviso si sente un suono di sirena e la parete dalla parte dei miei piedi s'apre in due come la mia bocca e appare una schiera di denti, spettatori seduti su gengive che non sono altro che poltrone rosse.
Spettacolo perverso uguale spettatori perversi.
E penso ad alcuni programmi televisivi: programmi di merda uguale persone di merda.

"Guadagnavo 50 dollari la settimana. Un terzo lo spendevo per bere e un altro per andare a donne. Il resto lo spendevo in modo stupido"

Rido a quattro labbra e con 2 bocche ma cerco di frenarmi e il pubblico ride vedendo che il dolore mi blocca.
Loro ridono e mi scatenano conati di risa che non posso trattenere: li derido perché deridono me, e soprattutto la mia situazione.
Rido e mi si spalanca la bocca e i tagli corrono verso le orecchie: una sorta di poesia del sorriso.
Rido come spesso ho chiesto di ridere ad altri: "ridi fino a farti arrivare la bocca ai lobi delle orecchie"
Rido e fa male.
Malissimo.
E il sangue si raggruma e intasa quel lavandino malconcio che è la mia gola.
Con gli ultimi fiati penso e canticchio muto.

"sarà che forse sono daltonico, ma devo dire che questo cielo, invece di essere sempre più blu, a me sembra sempre più nero sarà che le ragazze con cui esco hanno tutte i mostri sotto il letto, le ragazze con cui esco hanno sempre un incubo nel cassetto"

poi svengo.

martedì 15 luglio 2008

QUESTA è LA FINE

Questa è la fine
quante volte avremmo voluto dirlo
un po’ profeti di sventura, un po’ senza capirlo
per poi andarcene in silenzio
subito prima dell’inverno
con le foglie che, come da copione, ci muoiono intorno
Questa è la fine, cara vecchia amica, la fine,
metà poeti maledetti, metà belle statuine
ma la fine è la fine
non è qualcosa che s’invoca
la fine viene quando vuole
poesia ne ha poca.
Chiudi gli occhi amore
non c’è niente da vedere qui
sugli schermi solo noia
pioggia di missili su Gaza
e qualche faccia da troia
Questa è la fine, la senti arrivare
con la fanfara di ottimisti che non ci vogliono pensare
che questa fine, in fondo, è lì da quando sono nati
e che qualcuno alla fine li ha sempre graziati
Questa è la fine, sia benedetta la fine
con tanto di fulmini in cielo, fuoco e giù, distruzione,
quella fine che altrove hanno già visto arrivare
e io qui a prendermi il lusso di morire d’amore
Questa è la fine, la solita fine annunciata
e riannunciata mille volte, mille e una volta rinviata
la fine con gli angeli in cielo
che, come avvoltoi, aspettano la parola fine
volteggiando su di noi
Togli l’audio, amore,
non c’è niente da sentire qui
nei postriboli del postrock
anemici piagnucolano dentro i riverberi
Questa è la fine
e si parte così senza avere
una risposta alle domande
che ci hanno sempre fatto dannare
come: "chi sarà mai l’idiota
che sta in testa alla coda
in corsia di sorpasso ai novanta all’ora".

Giorgio Canali - Rossofuoco

sabato 12 luglio 2008

giovedì 10 luglio 2008

Yes and No

mercoledì 9 luglio 2008

108. Robert Davidson

I GREW spiritually fat living off the souls of men.
If I saw a soul that was strong
I wounded its pride and devoured its strength.
The shelters of friendship knew my cunning,
For where I could steal a friend I did so. 5
And wherever I could enlarge my power
By undermining ambition, I did so,
Thus to make smooth my own.
And to triumph over other souls,
Just to assert and prove my superior strength, 10
Was with me a delight,
The keen exhilaration of soul gymnastics.
Devouring souls, I should have lived forever.
But their undigested remains bred in me a deadly nephritis,
With fear, restlessness, sinking spirits, 15
Hatred, suspicion, vision disturbed.
I collapsed at last with a shriek.
Remember the acorn;
It does not devour other acorns.





















Edgar Lee Masters (1868–1950). Spoon River Anthology. 1916.

Ho scavato una fossa per seppellirmi e vi sono entrato ma è troppo poco profonda quindi continuo a scavare

(ovvero effetti collaterali del glutammato monosodico)

Vorrei sapere giusto per il gusto di sapere e poi un giorno d'improvviso trovare l'utilità di quella conoscenza; vedere i tramonti e non pensare al Piccolo Principe che ho rapito quand'ero bambino e nessuno mai ha reclamato per lui libertà, mai nessun appello nel nome del Signore, nel nome dell'umanità e della giustizia per far si che venisse rilasciato.
Ho nascosto momenti, parole, situazioni, persone come cadaveri murati nelle fondamenta della costruzione del mio essere.
L'idiozia della scelta, la follia del "se", neanche fossimo liberi veramente.
L'idiozia della scelta, la follia del "se" ad aprire infinite possibilità che non sono possibili se non una alla volta: avere un figlio di sei anni è solo un sentiero sbarrato da un "se" che è stato scartato.
Le "sliding doors".

"E pensavo dondolato dal vagone, cara amica il tempo prende, il tempo dà. Noi corriamo sempre in una direzione ma qual sia e che senso abbia chi lo sa? Restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento, le luci nel buio di case intraviste da un treno. Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa, e il cuore di simboli pieno."

Abbiamo notizie su tutto, tranne su chi siamo e dove andiamo: terremoti interiori sconquassano il terzo mondo del nostro animo, tsunami inondano i nostri polmoni e i nostri occhi, feriamo e disperdiamo animi e corpi sulle spiagge in concessione come uragani estivi e nessun giornale tv ne da notizia. Siamo soli e c'attardiamo ad urlare il nostro dolore all'universo sperando che forme di vita intelligenti intercettino le nostre grida radio con parabole meno arruginite delle nostre ossa. Parliamo da soli come il matto, rivolti a qualcuno che non può comprendere le nostre parole, radiografie di un mondo in miniatura chiuso nella bottiglia dell'universo. Allora malati terminali affetti da noi stessi cerchiamo l'altro per fingere che tutto ciò sia solo una suggestione: elettroshock d'amicizia, lobotomizzazioni d'amore, oppioidi sotto forma di note compressi in mp3, film lisergici per trip da consumare sulle poltrone del cinematografo o sui letti casalinghi, flebo di etanolo per nutrirci le vene ormai vuote.
Ho un tumore secernente depressina.

lunedì 7 luglio 2008

Non Mi Rompete

Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
sia tranquillo da bambino
sia che puzzi del russare da ubriaco.
Perché volete disturbarmi
se io forse sto sognando un viaggio alato
sopra un carro senza ruote
trascinato dai cavalli del maestrale,
nel maestrale... in volo.
Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
c'è ancora tempo per il giorno
quando gli occhi si imbevono di pianto,
i miei occhi... di pianto.

Banco del Mutuo Soccorso

mercoledì 2 luglio 2008

pochi stanchi pensieri e neanche troppo originali

Certe cose sono come un quadro di Fontana: bisogna darci un taglio.
Si può creare una vita senza perdere la propria?
Creando un'altra vita si rinnova la propria o la si seppellisce?
Se un giorno dovessi finire male sulla mia lapide dovrebbero scrivere:
"Strappato al male a venire".