Piove. Una pioggia fitta che per essere attraversata ha bisogno del
movimento di un braccio, tipo quello che si fa scostando le tende. Ci siamo
dati appuntamento al punto di ritrovo standard che ogni città ha. So che
tarderà, ma arrivo comunque puntuale. E lei arriva leggermente in anticipo sul
ritardo che avevo preventivato: quindici minuti. I nostri ombrelli si urtano,
io sollevo il mio sopra il suo, scosto la tenda di pioggia e, fingendo un balzo,
passo sotto il suo, poi la saluto.
Siccome già so che presto andrò nel pallone, mi sono messo in mente dei punti che messi insieme dovrebbero realizzare una sorta di tattica.
Punto 1: fase preparatoria. Entrati nel locale fingere galanteria, prenderle il cappotto e riporlo con attenzione distante da lei.
Punto 2: mentre ci si prepara per uscire, prendere il suo cappotto, fingere di nuovo galanteria e aiutarla a indossarlo.
Punto 3: bacio sulla spalla, sperando che il vestiario lo permetta, e, se ci si riesce, risalire verso il collo.
Siccome già so che presto andrò nel pallone, mi sono messo in mente dei punti che messi insieme dovrebbero realizzare una sorta di tattica.
Punto 1: fase preparatoria. Entrati nel locale fingere galanteria, prenderle il cappotto e riporlo con attenzione distante da lei.
Punto 2: mentre ci si prepara per uscire, prendere il suo cappotto, fingere di nuovo galanteria e aiutarla a indossarlo.
Punto 3: bacio sulla spalla, sperando che il vestiario lo permetta, e, se ci si riesce, risalire verso il collo.
Entriamo nel locale. Metto in atto il punto 1. Lei mi
sorride e ho come l’impressione che con gli occhi mi dica “Guarda ti ho capito…”
ma non può essere così. Distolgo il mio sguardo da lei e mi siedo.
Il Punto 1 è fatto. Segno.
E il suo maglione sembra fatto apposta per il Punto 3.
Il Punto 1 è fatto. Segno.
E il suo maglione sembra fatto apposta per il Punto 3.
Birra. Chiacchiere. Andiamo?
È arrivato il momento di andare. Mi alzo di scatto, con un
balzo innaturale come se la pelle della poltrona sulla quale ero seduto fosse
improvvisamente diventata incandescente. Lei mi guarda con aria interrogativa
per qualche secondo e poi pensa ad altro. Io prendo il suo cappotto per il
bavero e glielo porgo per farglielo indossare. Con galanteria. Lei indossandolo mi volta le
spalle. E arriva il momento del Punto 3.
Ora, non è come spesso dicono: il tempo non si rallenta e
tutto sembra dilatato. In una situazione “do or die” come questa, la sensazione
è piuttosto quella di scivolare da un dirupo. Se ce la fai, all’ultimo momento
riesci ad aggrapparti a un ramo. Altrimenti “splat”.
Quindi le bacio la spalla. Seguo attentamente il Punto 3,
come se questo fosse stato studiato e preparato con rigore scientifico. Al
contatto delle mie labbra, la sua pelle si è tesa all’istante. Panico. Poi si
rilassa. Rincorato, provo a osare e salgo dalla spalla verso il collo a passi
di baci e piccoli morsi. Arrivo al collo e lei si volta d’improvviso. Ha la
faccia arrabbiata ma non è questo che mi preoccupa. La sua mossa repentina ha
scatenato in me un riflesso protettivo che provo con tutte le forze di
bloccare. Immaginate la vostra faccia mentre provate a trattenere uno starnuto.
Ora immaginate me che cerco di impedire al mio riflesso di farmi raggomitolare
a palla, in difesa della mia integrità fisica. Uno sforzo sovrumano. Mentre io
mi impegno a rimanere in una posa onorevole, lei mi dice “Ce l’hai fatta
finalmente!” e mi bacia.
Le endorfine liberate dal bacio, lo sforzo per trattenere il riflesso e il calo dei livelli di adrenalina stanno per farmi collassare. La invito a uscire. L’aria fresca mi terrà in piedi.
Le endorfine liberate dal bacio, lo sforzo per trattenere il riflesso e il calo dei livelli di adrenalina stanno per farmi collassare. La invito a uscire. L’aria fresca mi terrà in piedi.
Usciti, in effetti, il freddo ha fatto sì che quasi
istantaneamente mi sia ripreso e lei non si è accorta di niente. Almeno credo.
Quindi? Dove eravamo rimasti? Ah! “Che significa ‘finalmente ce l’hai fatta”.
Lei si mette a ridere, ma non per schernirmi, devo aver fatto una faccia
strana. Risponde immediatamente: “Beh non è la prima volta che usciamo…”. “Aspetta.
Ho capito dove vuoi andare a parare. Ascoltami: per far sì che due persone si
bacino c’è bisogno che entrambi lo vogliano. Ok?”. “Ovvio”. “È chiaro che vi sono
significative eccezioni, significative a livello penale intendo. Ora, parliamo
ipoteticamente: io voglio baciarti, ma non so cosa ti passa per la testa. Se ci
provo casco dal dirupo: se mi va bene e riesco ad aggrapparmi, altrimenti, non
solo devo sopportare l’umiliazione di essere rifiutato, ma rischio anche
qualche schiaffo. È per questo che ho iniziato ad uscire con le ragazze
piccoline, così lo schiaffo è incassabile. Quando uscivo con donne più alte e
più piazzate, ho rischiato di farmi male un paio di volte. Estranee a ogni
considerazione di questo tipo sono quelle ragazze, poche fortunatamente, che
ti attaccano con la più vile delle ginocchiate orchiclastiche”. “Non ti seguo
più”. “Forse perché non conosci la storia del dirupo”. “Eh?” “Quello che volevo
dire, in sintesi, è che tu sai che siamo entrambi ‘propensi’ a… e io no. Quindi
per me è un rischio, per te una scommessa sicura. Sei tu ad averci messo troppo
tempo”.
Silenzio.
“Teoria interessante, sai che forse hai ragione?”
Silenzio.
“Teoria interessante, sai che forse hai ragione?”
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