Vivere, non riesco a vivere
ma la mente mi autorizza a credere
che una storia mia, positiva o no
è qualcosa che sta dentro la realtà.
Nel dubbio mi compro una moto
telaio e manubrio cromato
con tanti pistoni, bottoni e accessori più strani
far finta di essere sani.
Far finta di essere insieme a una donna normale
che riesce anche ad esser fedele
comprando sottane, collane, creme per mani
far finta di essere sani.
Far finta di essere...
Liberi, sentirsi liberi
forse per un attimo è possibile
ma che senso ha se è cosciente in me
la misura della mia inutilità.
Per ora rimando il suicidio
e faccio un gruppo di studio
le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani
far finta di essere sani.
Far finta di essere un uomo con tanta energia
che va a realizzarsi in India o in Turchia
il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani
far finta di essere sani.
Far finta di essere...
Vanno, tutte le coppie vanno
vanno la mano nella mano
vanno, anche le cose vanno
vanno, migliorano piano piano
le fabbriche, gli ospedali
le autostrade, gli asili comunali
e vedo bambini cantare
in fila li portano al mare
non sanno se ridere o piangere
batton le mani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.
G. Gaber
domenica 9 novembre 2008
lunedì 3 novembre 2008
Luce artificiale
Ci fosse una videocamera a riprendermi si potrebbe produrre un video musicale.
Si potrebbe produrre uno di quei video musicali in cui le immagini scorrono a velocità normale ma con tanti cut che sembrano comunque correre, un video con sola luce artificiale proveniente dalla porta aperta del frigo, dallo schermo del pc, da una lampada da scrivania: poca gialla luce.
Le immagini traballanti.
Il soggetto fermo con lo sguardo rivolto a quarantacinque gradi rispetto alla luce e mostra l'intero profilo del volto alla telecamera mentre il corpo fa da schermo alla proiezione luminosa; magari nella mano più vicina alla macchina da presa un bicchiere di latte tenuto e agitato tipo degustatore di vini, capelli lunghi ma che sfidando la forza di gravità puntando verso l'alto.
E ogni tanto i pensieri del protagonista: stacchi su immagini di repertorio di notizie di cronaca, di storia nazionale e personale, rappresentazione di pensieri astratti, tutto in bianco e nero come al cinema muto, con melodie di sottofondo indiscutibilmente calzanti.
L'acqua che bolle su un fornello acceso.
Un solo movimento, intenso, ripetuto ossessivamente, in rallenti: seduto nudo, sul bordo del letto, porta le mani nei capelli scoprendo il volto neutro con lo sguardo perso e intanto si lascia cadere su un fianco, portando le gambe sul letto, facendo cadere la testa sul cuscino e assumendo una posizione fetale...
Si potrebbe produrre uno di quei video musicali in cui le immagini scorrono a velocità normale ma con tanti cut che sembrano comunque correre, un video con sola luce artificiale proveniente dalla porta aperta del frigo, dallo schermo del pc, da una lampada da scrivania: poca gialla luce.
Le immagini traballanti.
Il soggetto fermo con lo sguardo rivolto a quarantacinque gradi rispetto alla luce e mostra l'intero profilo del volto alla telecamera mentre il corpo fa da schermo alla proiezione luminosa; magari nella mano più vicina alla macchina da presa un bicchiere di latte tenuto e agitato tipo degustatore di vini, capelli lunghi ma che sfidando la forza di gravità puntando verso l'alto.
E ogni tanto i pensieri del protagonista: stacchi su immagini di repertorio di notizie di cronaca, di storia nazionale e personale, rappresentazione di pensieri astratti, tutto in bianco e nero come al cinema muto, con melodie di sottofondo indiscutibilmente calzanti.
L'acqua che bolle su un fornello acceso.
Un solo movimento, intenso, ripetuto ossessivamente, in rallenti: seduto nudo, sul bordo del letto, porta le mani nei capelli scoprendo il volto neutro con lo sguardo perso e intanto si lascia cadere su un fianco, portando le gambe sul letto, facendo cadere la testa sul cuscino e assumendo una posizione fetale...
sabato 1 novembre 2008
Sangue
Ricordare l'ultima volta che si è fatto qualcosa credo sia importante.
Poi ci si ritrova dentro una chiesa, davanti ad un mare di uomini in divisa, a celebrare il funerale di una notizia ossessiva, ad esprimere tutte le proprie paure sotto forma di sermone, tutti i propri interrogativi pressati in un'omelia e i fedeli sotto l'effetto di droghe diventano come i pazienti di un ospedale psichiatrico.
Prende la pistola e si spara: paura.
Eppure non stava andando male o forse era giunta la fine e ha voluto darle una spinta.
Una partenza, un amore, un inseguimento e una fuga e la paura.
Prima di sparare avrà pensato alle cose che ricorda.
Poi ci si ritrova dentro una chiesa, davanti ad un mare di uomini in divisa, a celebrare il funerale di una notizia ossessiva, ad esprimere tutte le proprie paure sotto forma di sermone, tutti i propri interrogativi pressati in un'omelia e i fedeli sotto l'effetto di droghe diventano come i pazienti di un ospedale psichiatrico.
Prende la pistola e si spara: paura.
Eppure non stava andando male o forse era giunta la fine e ha voluto darle una spinta.
Una partenza, un amore, un inseguimento e una fuga e la paura.
Prima di sparare avrà pensato alle cose che ricorda.
Una serata estiva
Parcheggio in corrispondenza del numero civico 38 ma dall'altra parte della via. Attraverso la strada a quell'ora stranamente deserta e giunto sull'altro lato domandandomi da quale parte sia il 40: "alla mia destra o alla mia sinistra?". Provo prima una e poi l'altra direzione, l'ordine non lo ricordo. 38, passo, passo, passo, passo, 42, torno indietro, passo, passo, passo, passo 38: inspiegabilmente il 40 non c'è, eppure dovrebbe esserci un locale. Riattraverso la strada, aprendo l'auto col telecomando dalle aiuole che la dividono in due ampie corsie, concludo l'attraversamento e risalgo in macchina. Mezzo chilometro più avanti trovo il locale: il numero civico scritto sul sito internet doveva essere sbagliato.
All'ingresso i soliti tre giganti vestiti di nero, così senza neanche aspettare che me lo chiedano avvicinandomi all'entrata gli porgo il mio zaino e con una gentilezza disarmante, non perché fosse smodata ma perché inusuale visti soggetto e situazione, il tipo sul montante sinistro della volta che costituisce l'ingresso, che occupa almeno il doppio del mio volume nell'aria, mi domanda se ho bottiglie di vetro e alla mia risposta negativa mi dice di entrare accompagnandosi con un gesto da grand hotel.
Mi dirigo verso il bagno che è ridotto veramente male. Quando ne esco mi metto ad aspettare seduto su un parapetto di legno in attesa che inizi lo spettacolo: il locale è vuoto, tavoli e sedie sulla sabbia e nessuno a sedere e a consumare e sono le undici. Poi d'improvviso, come fosse un assalto della cavalleria, nei dieci-quindici minuti successivi giunge il pubblico e con questo anche il gruppo: mi viene da pensare che i musicisti abbiano portato la gente da casa o magari è la gente che ha portato i tre. Ci posizioniamo di fronte al palco e dopo un'attesa ragionevolmente lunga inizia lo spettacolo. Le solite canzoni ma suonate senza voglia che se non fosse per il lancio di curiosi souvenirs da parte del cantante nulla mi avrebbe colpito. Suonano senza voglia e mi appare chiaro ma non riesco ad immaginarne il motivo. Come a confermare la mia sensazione vengono tagliate due canzoni dalla scaletta usuale.
Mi dirigo a comprare i loro cd al banchetto dietro il palco. Compro i loro cd come si fotografa qualcosa di straordinario, un evento eccezionale, un'epoca storica, per poter dire in futuro "Beh ai miei tempi c'erano gruppi come questo e io ai loro concerti c'ero", come se dovessi fare provviste di qualcosa che prossimamente potrebbe non esserci più. Compro i cd e come se non bastasse aspetto il cantante per farli autografare. Lo saluto, gli porgo la penna, gli suggerisco il mio nome e articolo quattro complimenti balbettando, non sono mai stato un ottimo oratore. Lui scrive "Fulvio, bella ceppa!" dicendo "Non te la prendere io scrivo quello che capita" e sotto firma. "Non ti preoccupare" dico, perché in fondo non mi dispiace. Prende il secondo cd e in corrispondenza della traccia "Lungimiranza", a sinistra scrive "serve molta" e a destra mette un punto esclamativo e firma di nuovo. Ancora non sazio raggiungo uno degli altri due che sta sul palco a sistemare le strumentazioni e chiedo se può firmare: con voce e gesti mi fa capire "dopo che ho finito di mettere in ordine" come un bambino che dice agli amici che uscirà a giocare quando avrà fatto i compiti. Così raggiungo il terzo elemento che si è spostato al banchetto dei cd e gli faccio firmare entrambi gli album e subito dietro di lui compare il membro "diligente", dopo neanche un minuto che mi aveva detto di aspettare: lo faccio firmare e mi sento preso, forse, un po' per il culo. Vado via veloce verso l'auto e guardando i due dischi leggo "Fulvio bella coppia!" e così penso che oltre una buona lungimiranza servirebbe anche una buona analisi di quello che ci sta succedendo nel momento in cui siamo. E penso "Perché me la sarei dovuta prendere?". Prendo l'auto e guido.
All'ingresso i soliti tre giganti vestiti di nero, così senza neanche aspettare che me lo chiedano avvicinandomi all'entrata gli porgo il mio zaino e con una gentilezza disarmante, non perché fosse smodata ma perché inusuale visti soggetto e situazione, il tipo sul montante sinistro della volta che costituisce l'ingresso, che occupa almeno il doppio del mio volume nell'aria, mi domanda se ho bottiglie di vetro e alla mia risposta negativa mi dice di entrare accompagnandosi con un gesto da grand hotel.
Mi dirigo verso il bagno che è ridotto veramente male. Quando ne esco mi metto ad aspettare seduto su un parapetto di legno in attesa che inizi lo spettacolo: il locale è vuoto, tavoli e sedie sulla sabbia e nessuno a sedere e a consumare e sono le undici. Poi d'improvviso, come fosse un assalto della cavalleria, nei dieci-quindici minuti successivi giunge il pubblico e con questo anche il gruppo: mi viene da pensare che i musicisti abbiano portato la gente da casa o magari è la gente che ha portato i tre. Ci posizioniamo di fronte al palco e dopo un'attesa ragionevolmente lunga inizia lo spettacolo. Le solite canzoni ma suonate senza voglia che se non fosse per il lancio di curiosi souvenirs da parte del cantante nulla mi avrebbe colpito. Suonano senza voglia e mi appare chiaro ma non riesco ad immaginarne il motivo. Come a confermare la mia sensazione vengono tagliate due canzoni dalla scaletta usuale.
Mi dirigo a comprare i loro cd al banchetto dietro il palco. Compro i loro cd come si fotografa qualcosa di straordinario, un evento eccezionale, un'epoca storica, per poter dire in futuro "Beh ai miei tempi c'erano gruppi come questo e io ai loro concerti c'ero", come se dovessi fare provviste di qualcosa che prossimamente potrebbe non esserci più. Compro i cd e come se non bastasse aspetto il cantante per farli autografare. Lo saluto, gli porgo la penna, gli suggerisco il mio nome e articolo quattro complimenti balbettando, non sono mai stato un ottimo oratore. Lui scrive "Fulvio, bella ceppa!" dicendo "Non te la prendere io scrivo quello che capita" e sotto firma. "Non ti preoccupare" dico, perché in fondo non mi dispiace. Prende il secondo cd e in corrispondenza della traccia "Lungimiranza", a sinistra scrive "serve molta" e a destra mette un punto esclamativo e firma di nuovo. Ancora non sazio raggiungo uno degli altri due che sta sul palco a sistemare le strumentazioni e chiedo se può firmare: con voce e gesti mi fa capire "dopo che ho finito di mettere in ordine" come un bambino che dice agli amici che uscirà a giocare quando avrà fatto i compiti. Così raggiungo il terzo elemento che si è spostato al banchetto dei cd e gli faccio firmare entrambi gli album e subito dietro di lui compare il membro "diligente", dopo neanche un minuto che mi aveva detto di aspettare: lo faccio firmare e mi sento preso, forse, un po' per il culo. Vado via veloce verso l'auto e guardando i due dischi leggo "Fulvio bella coppia!" e così penso che oltre una buona lungimiranza servirebbe anche una buona analisi di quello che ci sta succedendo nel momento in cui siamo. E penso "Perché me la sarei dovuta prendere?". Prendo l'auto e guido.
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